Sul tema ambientale e sulla sfida ai temibili cambiamenti climatici il G20 e il COP26, tuttora in corso, non hanno certamente brillato, e come se non bastasse giunge come un uragano dalla Cina la notizia che il grande assente al G20, stia costantemente aumentando la produzione di carbone, passando nelle sole ultime settimane da 14,4 a 15,5 milioni di tonnellate giornaliere di carbone prodotto.
Era notizia di un anno fa, quella che il Dragone avesse deciso di costruire nuove centrali a carbone, in assoluta controtendenza con gli impegni assunti dall’Europa e dai Paesi occidentali; chiarissimi segnali di una guerra frontale e tuttora in atto tra i due blocchi, quello occidentale e quello delle superpotenze in rapida ascesa.
A questo punto non si può non riconoscere che qualcosa non ha funzionato ed il motivo è semplice, Cina ed India su tutte, non avevano alcuna intenzione di distrarsi dai loro propositi di crescita e di conferma della loro indiscussa leadership nella produzione di beni.
In altre parole, la fabbrica del mondo non avrebbe mai rinunciato a produrre, al minor costo possibile e con il minor sforzo in termini di investimenti energetici, i propri prodotti, prodotti che il mondo continuerà a consumare a ritmo sempre più frenetico.
La strada a questo punto diventa una e soltanto una, abbandonare il modello di mercato attuale e sperimentare nuove strategie commerciali e produttive, avendo ben chiaro che dietro il modello turbocapitalista imperante vi è un nemico giurato dell’ambiente. Purtroppo, bisogna ammettere che anche sul piano ambientale a vincere sia stato il modello globalista di Greta Thunberg, ossia di un ambientalismo infarcito di demagogia e contraddizioni, aspetti che sono stati evidenziati in diversi passaggi del libro “L’uomo custode della Natura” Historica – GiubileiRegnani (2020). Un esempio su tutti l’omologazione delle diete, che ha portato e porterà ad un aumento esponenziale degli allevamenti intensivi, prima causa, oggi, dopo il settore industriale dell’inquinamento globale e della produzione di CO2.
Ed è per questo che occorre ribadire che la globalizzazione ed il suo ambientalismo politically correct hanno commesso un errore macroscopico, pensare di salvare l’ambiente a prescindere dalla salvaguardia del suo territorio e della sua comunità umana, storica e culturale.
Al contrario occorrerà, partendo dal territorio e dalle sue peculiarità, puntare sulle filiere produttive corte, sostenendo e valorizzando le produzioni locali nel campo agroalimentare, questo con il duplice scopo di ridurre l’inquinamento e di valorizzare i territori a cominciare da quelli rurali e montani
Certamente il pianeta è in sofferenza, vuoi perché la vegetazione è sempre a rischio quindi il riciclo dell’aria è in pericolo oltre ai disastri del territorio provocati per l’assenza di piante.
L’energia ecosostenibile fa molta fatica a decollare, quando varie tipologie di sviluppo sostenibile potrebbero aiutare in molti settori oltre all’ambiente, si fa poco uso delle energie rinnovabili, eoliche,geotermia, solare ecc..
concordo, c’è tantissimo da fare, oggi uscirà il mio articolo completo sul quotidiano di Nazione Futura, lì avanzerò anche alcune proposte concrete
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